mercoledì 2 gennaio 2013

L’Italia ha perso la bussola e la sovranità (di Antonio Pimpini)

L’annuncio, tragico e nefasto, che Monti intende distruggere l’Italia, proponendosi di scendere in politica, non sarebbe nulla se non fosse accompagnato da un nutrito gruppo di forze politiche che appoggia la scelta improvvida. Non solo, ma il Monti nazionale intende anche sottrarsi al vaglio delle urne, evidentemente troppo disdicevole per la sua elevata persona. Lui, graziosamente, interverrà unicamente per guidare il governo quando gli altri avranno vinto la competizione elettorale, dopo che i cadaveri sono stati rimossi dal campo di battaglia e i feriti hanno eroicamente consentito la sua guida.
Una specie di ET della politica che si concede come una bella donna che mette alla prova i pretendenti e poi diventa tiranna assoluta del regno. Ma sin qui, in ragione del fatto che siamo in Italia, non vi sarebbe alcuna particolarità, non che il futuro capo del governo si faccia fuori dalla lotta elettorale, non che un Paese (per la verità solo una parte che mi auguro sia assolutamente minoritaria) voglia sostenere chi ha sostanzialmente svolto funzioni di commissario giudiziale e liquidatore nella fase del concordato preventivo dell’Italia, al solo e riconosciuto fine di soddisfare gli interessi della massa dei creditori, né che siano stati aboliti, in nome dell’insostenibilità del debito italiano e dei rigori comunitari, presidi e garanzie acquisiti nel patrimonio nazionale e giustamente ritenuti inderogabili e non più rinegoziabili, come il diritto al lavoro, all’accesso alla giustizia garantito a tutti, all’esercizio dell’impresa e così via.
Tuttavia, come se non bastasse, preoccupano anche le alternative a quanto ci prospetta Monti con la sua agenda, che speriamo vada persa per il bene comune.
Da un lato, il centro sinistra, forcaiolo e giustizialista, che ha definitivamente abbandonato la precedente posizione garantista, per trasformarsi in un paladino della legge, ritenendo addirittura che la candidatura di un magistrato, a prescindere dagli apprezzamenti sulla persona, costituisca scelta di contenuto e vittoria mediatica che consente di ipotecare il futuro esito elettorale. Non il PDL che individua incredibilmente nella BCE l’organo che garantirebbe una soluzione della tempesta finanziaria europea, dimenticando che, in realtà, l’istituto di emissione è già da tempo padrone assoluto d’Europa, per cui affidarsi a lei ricorda tanto la favola di Cappuccetto Rosso, con l’aggravante che chi fa la parte della bambina non è proprio uno sprovveduto o un’educanda di collegio.
La Lega con la sua ostinazione alla secessione vanifica gli aspetti positivi che la caratteriz-zano, segnatamente l’aver individuato il malessere ed anche una parte – purtroppo non tutto – del percorso terapeutico, senza tuttavia individuare il nucleo patogeno. Restano il movimento 5 stelle (M5S) e le aggregazioni di estrema sinistra e di estrema destra che, come al solito, in nome della governabilità, sono state espulse dal dibattito politico mediatico, ma, se fossero in grado di rimuovere pregiudizi e, soprattutto, se individuassero finalmente dove risiede il vero male assoluto, potrebbero riconsegnare questo Paese alla speranza di un mondo migliore.
Non vi sono dubbi che la scelta di Grillo è (direi anche finalmente) di rottura con il passato e come tale deve ricevere apprezzamento, proprio perché se è vero che - per definizione o per preparazione – chi avrebbe dovuto essere in grado di governare ci ha portato a questo punto, sicuramente consentire all’uomo della strada, senza sovrastrutture che lo dominano, di accedere alle leve del potere, proprio per la sua non familiarità con la naturale contaminazione che il sistema ha come effetto collaterale nel suo seno, non potrà che dare risultati positivi. Tuttavia, anche qui troviamo le mezze verità. Si individua il problema della grande finanza e delle lobby bancarie, ma non si colpisce nel cuore il nemico, cioè il signoraggio bancario e la sovranità monetaria. Quindi, si continua a parlare di ripianamento del debito pubblico e di reddito di cittadinanza, dimenticando che se non si dichiara la proprietà della moneta dei cittadini, cioè se non si toglie il signoraggio alla Bce, si tratterà di semplice elemosina, non di riconoscimento di un diritto a contenuto patrimoniale. Anche il tentativo di abbattere o azzerare l’incidenza degli interessi sul debito pubblico, rappresenta sempre una visione parziale che non guarda al nucleo del problema.
Gli interessi, infatti, sono un accessorio del debito principale, ma è proprio quest’ultimo che non esiste. Il prestito della moneta dalle banche (di emissione e di finanziamento) ai singoli stati non ha ragion d’essere, perché la moneta è dei cittadini e, quindi, appartiene allo stato stesso (inteso come società organica), non può quindi appartenere alle banche che dovrebbero semplicemente stamparle (funzione tipografica della banca centrale), ovvero gestire un bene altrui, dei cittadini e quindi dello stato (funzione di gestione del finanziamento delle banche di credito come gestione di cose altrui).
Oggi, seppur è vero che vi è una dicotomia tra grandi centri finanziari e sistema bancario, il problema è e resta quello della proprietà della moneta. Se, infatti, il signoraggio primario viene attribuito all’istituto di emissione, che così si arroga il diritto di essere proprietario della moneta, lo stato continuerà ad indebitare con il sistema bancario, dalla banca centrale a quelle di erogazione del finanziamento e il debito non potrà mai essere onorato poiché il tentativo (di per se vano) di ridurre la spesa non potrà mai giungere all’eliminazione del debito: se non cambia il sistema ogni giorno c’è un indebitamento truffa con il sistema bancario. La BCE, infatti, si attribuisce il reddito da signoraggio, presta il denaro allo stato, lo stato si indebita con i buoni per reperire le risorse e dovrà restituire il credito in linea capitale con gli interessi. Tuttavia, anche se rastrellasse tutto il denaro in circolazione e lo versasse ai suoi creditori bancari, ogni stato rimarrebbe sempre debitore, sia perché la quota interessi, ipertrofizzata sino all’inverosimile, non riuscirebbe mai ad essere onorata anche per carenza di denaro in circolazione, sia perché ogni emissione di denaro avviene a debito e, quindi, sempre non potrà condurre all’azzeramento dell’indebitamento. Se invece la moneta fosse dichiarata di proprietà dei cittadini e, in ragione di tale attribuzione patrimoniale ad ogni singolo avente diritto, dello stato, al signoraggio bancario si sostituirebbe il signoraggio di popolo e si potrà finalmente attribuire il reddito da cittadinanza, come espressione di diretto sociale a contenuto patrimoniale, da riconoscersi in eguale misura ad ogni singolo cittadino per il sol fatto di esistere e senza alcun corrispettivo, proprio perché il valore monetario non risiede nella materia ma nella convenzione sociale.     
La soluzione per superare questo stato di coste è unire i diversi, eliminare i contrasti che giovano solo a chi vuole che la situazione rimanga la stessa, ricercare l’armonia e far sì che, dinanzi alla salvezza del futuro e del proprio presente, prevalga l’uomo come tale, rispetto alle peculiarità ideologiche, in modo che gli estremi e i contrari si uniscano e si attraggono, sul presupposto che vi sia un minimo comune denominatore, la buona fede di tutti nel sostenere le proprie idee anche se attestata su posizione divergenti per provenienza, cultura e sensibilità.
E’ giunto il tempo in cui le forze sane di un Paese devono unirsi contro il nemico comune, come se la terra fosse invasa da alieni con finalità di genocidio.

Se vi sarà questa unione trasversale, allora la lotta contro il signoraggio bancario e il riconoscimento della sovranità monetaria allo stato, potrà avere speranze di esito positivo. In tal modo, il reddito di cittadinanza non sarà elemosina, ma costituire la fonte per garantire la vita ad ognuno, poiché ogni cittadino avrà il diritto di ricevere la quota del signoraggio che gli compete senza dover ringraziare nessuno. Inoltre, il debito pubblico potrà finalmente essere accertato come inesistente e la vita tornerà ad essere serena o almeno non condizionata dal debito creato surrettiziamente dalla grande usura bancaria, i popoli saranno liberi e il libero arbitrio potrà finalmente essere concreto. Ci riusciremo? Chi ama far politica e soprattutto il popolo e la terra cui appartiene, provi a crederci.

Antonio Pimpini

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