sabato 13 luglio 2013

Che spettacolo la follia degli uomini (di Francesco Di Vincenzo)

“Canto dei distruttori di mondi” di Sabatino Ciocca
Che spettacolo la follia degli uomini

di Francesco Di Vincenzo

Un testo difficile, una messa in scena esemplare. Autore dell’uno e dell’altra il regista Sabatino Ciocca che con il “Canto dei distruttori dei mondi” (da lui tratto liberamente da “Lo spazio interiore” dello scrittore surrealista franco-belga Henri Michaux e rappresentato sabato 6 luglio al Teatro Tosti di Ortona per il decennale dell’Accademia dello Spettacolo) ha dato una brillante prova del suo talento.


Cominciamo dal testo. Scritto benissimo, innanzitutto, con linguaggio asciutto ma denso di suggestioni emotive e concettuali, di grande resa scenica nel suo periodare paratattico che richiede, e consente, agli attori (bravissimi i ragazzi dell’Accademia ortonese) una recitazione essenziale e fluida. Un testo di grande maturità e misura, pur così anarchico e surreale nella distruzione d’ogni logica, d’ogni senso e significato. Proprio questo è il tema del “Canto dei distruttori dei mondi”: l’insensatezza, la follia della vita e del mondo almeno così come l’hanno edificato e distrutto i “costruttori” . Quasi tutti i personaggi, infatti, hanno costruito qualcosa, ma con modi e idee tanto strampalate e bizzarre e, per l’appunto, insensate, che il risultato di tanto costruire è un mondo da day after spettrale ed opaco, ben esemplificato dalla scena scarna ma di grande impatto visivo ed emotivo: qualche sedia, qualche panca, un uomo su una carrozzina e l’immagine, proiettata sulla parete di fondo, di una enorme palla di ferro da demolizione che dondola ininterrottamente, lentissimamente e minacciosamente, tranne che nel momento in cui una gigantesca, apocalittica vampata di luce crudissima sembra voler cancellare finanche i tetri residui del mondo.



Ma la cosa più interessante e pregevole del testo, e quindi dello spettacolo, è che l’assurdità e l’insensatezza del mondo e degli uomini costruttori/distruttori non è ideologicamente denunciata (con tirate, invettive, sarcasmi, denunce indignate, etc.), bensì teatralmente rappresentata, evocata: dalla scenografia, dal gioco delle luci, dai movimenti e dai costumi da zombi degli attori, dagli stralunati, demenziali discorsi su aironi e pulci e aironi nelle pulci e cavalli-nani e mosche-cavalli e balene che s’arenano in strade cittadine, edifici e città costruiti in un occhio o in un orecchio o in un dado, in un trascorrere metamorfico dal minerale all’animale al vegetale all’umano senza soluzione di continuità.
E, coup de theatre di grande impatto emotivo ed efficacia scenica, per due volte (o tre) sfolgora inatteso un raggio di sole che illumina tanta desolazione e fa gioire i desolati protagonisti del “Canto” per subito deluderli scomparendo dopo pochi secondi. Un raggio di speranza? Ma no: solo teatro. Buon teatro.
F.D.V.


GLI INTERPRETI: Carolina Ciampoli, Laura Del Ciotto, Valentina Di Deo, Monja Marrone, Guido Camillotti, Mauro Cerritelli, Daniele Di Tullio, Marco Mare, Francesco Verratti.


DIRETTORE DI PALCOSCENICO Martina Di Martino; COSTUMI AdS – Ortona; ELABORAZIONI VIDEO E SONORE Loris Ricci; DISEGNO LUCI Alberto Tizzone; DATORE LUCI Lorenzo Finzi; FONICO Alberto Soraci; ASSISTENTE ALLA REGIA Carolina Ciampoli; IMPIANTO SCENICO E REGIA Sabatino

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